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Prima dell’Architettura Sostenibile: Hundertwasser a Vienna

Il pavimento piatto è un vero pericolo per l’uomo”. Camminando sulle superfici piane, sull’asfalto liscio che ricopre le strade, sulla distesa lucida delle piastrelle degli appartamenti, si perde il contatto naturale con la terra.

Avete mai tolto le scarpe e affondato i piedi nudi tra i fili d’erba del parco? Quella sensazione tiepida e umida sulla pelle, l’irregolarità del terreno, quella morbidezza appena percettibile che assorbe le vibrazioni di ogni passo. Quella sensazione di libertà.

Ricordo la prima volta che sono stata a Vienna. Camminare per chilometri avanti e indietro per la città, con il naso ben piantato verso il cielo. Attenta a non perdere nemmeno una linea, un’ombra, un riflesso dei meravigliosi edifici che hanno dato un volto alla capitale Austriaca di inizio Novecento. Guarda e disegna, scolpisci tutto nella memoria. Riempiti gli occhi con tutta quella bellezza. Avida, curiosa, indelebile.

E poi ho sentito il terreno curvare. Una leggera contropendenza che fa peso sul polpaccio sinistro. La caviglia destra che si piega con un angolo più stretto mentre la strada comincia dolcemente a salire. Mi si disegna un sorriso impaziente sul volto: sono vicina.

A Vienna Friedensreich Hundertwasser ci è nato, ha studiato, e ha coltivato quattro edifici. Sono gli anni ottanta del Novecento e parole come Ecologia e Sostenibilità sono associate con fastidio a movimenti giovanili che causano rumore e scompiglio in un periodo storico già politicamente complesso. Ma Hundertwasser è un’artista che ha viaggiato in Europa, Africa, Asia e Oceania, ha conosciuto culture, stili di vita, nature profondamente diverse tra loro. Ha capito quanto è importante la particolarità di ciascuna cosa, la sua identità. E ha capito che l’uomo quando frappone troppo cemento e asfalto e acciaio tra sé e la natura vive male. Lo ha capito anni, decenni prima della pandemia da Covid. Vede intorno a sé case malate, sterili. Edifici freddi, anonimi nella loro pretesa di funzionalità estrema. Uno stile architettonico dilagante – il Razionalismo – che appiattisce quanto di più prezioso le nuove generazioni possono donare alla società: la creatività spontanea dell’individuo.

Quindi decide di lasciare le arti visive e farsi dottore – medico dell’Architettura – per restituire la propria singolarità a quella che altro non è che la nostra seconda pelle: la casa in cui abitiamo. Crede nella bellezza dell’imperfezione naturale, nell’armonia data dal disequilibrio, dalla diversità, dall’unicità.

E crede che gli edifici debbano essere esseri che comunicano, condivisi da uomini e da alberi-inquilini, costruiti con materiali naturali, tetti-terrazza e giardini pensili. Un’architettura organica, sostenibile, eco-friendly. Finestre al posto delle pareti per definire gli spazi. Occhi sul mondo, tutte diverse tra loro, irregolari, curvilinee, come pori che permettono alla pelle di respirare. Pavimenti ricchi di onde e colline che garantiscano a chi abita la casa una continua esplorazione del proprio territorio. Infissi di legno, ceramiche riciclate, mattoni d’argilla e colle, vernici, arredi di origine vegetale.

Hudertwasser House

Un esempio concreto di bioarchitettura in tempi decisamente non sospetti, che promuova il rimboschimento delle città e la lotta all’effetto serra tramite il lavoro di termoregolazione della vegetazione integrata nell’architettura stessa. Tetti verdi e raccolta delle acque piovane utilizzata per l’irrigazione delle piante. Un sistema biologico di recupero delle acque reflue che sfrutta le proprietà di piante come il papiro e la canna per purificare l’acqua sporca convertendola in sostanze vegetali e minerali.

I solai degli edifici sono protetti da fogli anti-radice e da pannelli isolanti, le acque drenate con strati di pietra pomice e ghiaia. Le radici degli alberi inglobate in triangoli di acciaio inossidabile con un lato parallelo alle mura esterne dell’edificio, in maniera che le radici non creino fratture nello scheletro architettonico e i pesi siano distribuiti sui pilastri portanti invece che sulla soletta dei pavimenti tra un piano e l’altro.

Il verde entra negli appartamenti, diventa compagno della vita di ogni giorno. Regala ossigeno, regola il clima livellando gli sbalzi di temperatura e umidità, attenua i rumori della vita urbana e protegge dal sole e dalla polvere. E regala colore. Quanto colore. Insieme alle tinte brillanti, alle ceramiche variopinte, alle linee curve e le spirali con cui vengono decorate le pareti esterne, oltre che gli appartamenti interni.

Sono ai piedi di Hudertwasser House – forse l’edificio più famoso realizzato dall’architetto – nel cuore di un quartiere anonimo di Vienna. Ricordo il caldo del sole sulla pelle, il mio vestito viola leggermente mosso dal vento che ondula sulle note della stessa melodia che fa stormire le fronde degli alberi affacciati dalle finestre. Costruita tra il 1983 e il 1986, Hudertwasser House è uno dei primi prototipi di social hausing mai costruiti, che nei suoi 50 appartamenti dà alloggio a circa 150 persone, oltre ad aree comuni e commerciali. Case che – ancora oggi – il Comune di Vienna affitta a prezzi irrisori preferibilmente a famiglie d’artisti.

Cammino per qualche centinaio di metri e mi ritrovo di fronte la Kunst Haus Wien, l’edificio che oggi custodisce la permanente con le opere dell’Hundertwasser pittore. Appare all’improvviso, come un bocciolo di creatività che si apre allo sguardo non appena svoltato l’angolo di una seriosa, tranquilla zona residenziale. Una fontana, betulle maculate. Bambini che giocano a nascondino tra colonne e panchine inclinate ad assecondare l’irregolarità della strada. Tutto sprizza gioia, vita, allegria.

Kunst Haus Wien – Fotografie scattate durante la mia visita a Vienna

Mi siedo sul muretto che incornicia la fontana. Osservo i lampioni in ferro battuto, i ciottoli colorati, le linee sinuose che corrono da un oggetto all’altro, che salgono le mura del palazzo e si arrampicano su, di ramo in ramo, di finestra in finestra. Fino al blu, luminoso del cielo.

Me ne sto qui, a respirare un po’.

Federica Musto

Amo l’arte in ogni sua forma, amo la bellezza e la curiosità che mi porta a scoprire sempre cose nuove.

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