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Quando il “Made in Italy” si fa gioiello

Ascione Pendente_liberty
Alcione, Pendente, liberty

150. Sono centocinquanta le opere che il museo Poldi Pezzoli di Milano ha selezionato per raccontare un Made in Italy che troppo spesso siamo soliti associare a economia e consumistica, e troppo poco ad arte e cultura: quello dei gioielli.

La storia del gioiello italiano prende le mosse, a cavallo tra ‘800 e ‘900, dall’oreficeria francese, salvo poi rendersi indipendente nella seconda metà del secolo: «L’Italia ha fatto tesoro di tali tendenze, sviluppando poi un gusto prettamente nazionale che merita di essere analizzato e descritto, in particolare in alcuni periodi come il Liberty, l’Art Déco e gli anni Quaranta», spiega Melissa Gabardi, storica del gioiello e curatrice della mostra.

Ed è proprio questa la storia che si respira procedendo piano tra le teche che costituiscono Il gioiello italiano del XX secolo: quella di un mestiere millenario, di un’arte antica che alcune famiglie hanno tramandato di padre in figlio per generazioni, fino a oggi. Una storia che attraversa mode e maniere di un’intera epoca: quella della produzione italiana del Ventesimo secolo. Neostoricismo, Liberty e Art Déco, per poi attraversare gli Anni Trenta, Quaranta e Cinquanta, fino ad arrivare agli anni Ottanta e Novanta: l’intera vita del gioiello italiano.

Pomellato_Bracciali_schiava
Pomellato, Bracciali schiava

Ogni gioiello è stato studiato nel suo contesto storico, sociale e economico, con particolare attenzione alla cultura artistica che ha agito da brodo primordiale. Così, nel passaggio da un collier a un diadema, a una spilla a un anello, si può osservare l’intrecciarsi di moda, design e architettura; nonché il riflesso di tutti quei personaggi che, per un motivo o per l’altro, hanno legato indissolubilmente il proprio nome all’arte dei preziosi italiani: membri delle famiglie reali, divi del cinema e artisti.

Emergono i forti legami con il ruolo della donna e i relativi cambiamenti della moda, ma nel transito da un oggetto all’altro, il visitatore è anche accompagnato in una più ampia riflessione sul significato che il gioiello porta con sé: «da quello magico a quello apotropaico, per giungere a quello squisitamente sentimentale, legato al XIX secolo» racconta Annalisa Zanni, direttrice del Museo.

Aere Spilla in oro, omice e quarzo verde del 1990
Zorzi, Aere Spilla in oro, omice e quarzo verde del 1990

La selezione, composta in parte dalle collezioni del museo e in parte da prestiti provenienti da collezioni private, vede susseguirsi i nomi di quei gioiellieri che hanno reso l’oreficeria italiana famosa in tutto il mondo: da Bulgari a Bucellati, dalla Famiglia Ascione ai gioielli di Illario degli anni Quaranta, passando per i lavori ispirati ai movimenti artistici, come “nuovi gioielli” iniziata dei fratelli Arnaldo e Giò Pomodoro. La mostra si conclude, infine, con una sezione – la più recente – dedicata alla cosiddetta “Scuola di Padova“.

Cazzaniga_Bracciale_1960_particolare
Cazzaniga, Bracciale, 1960, particolare

Quest’ultima sezione risulta interessante per de motivi. Primo, perché è una delle poche – forse unica – scuola orafa italiana, quando con questo termine si vuole intendere una “scuola all’antica” improntata sul lavoro di bottega e sulla trasmissione da maestro ad allievo di quell’arte antica che abbiamo detto essere quella dei gioielli. In secondo luogo per l’unicità e la sperimentazione che accomuna i preziosi creati da questi artisti, i quali condividono «un gusto, un metodo di approccio, una sensibilità per soluzioni chiare, geometriche ma aperte, calibrate da un’alta e raffinata misura interiore fatta di esperienza, calcolo, invenzione poetica, piena conoscenza delle magie delle materie e delle tecniche» [1].

Scarabaeus Collier con pendente , spilla e orecchini in oro, onice e quarzo madera del 1991
Zorzi, Scarabaeus Collier con pendente , spilla e orecchini in oro, onice e quarzo madera del 1991

La “scuola” è giunta ai nostri giorni alla quarta generazione, rimanendo una delle fucine di produzione d’autore tra le più fertili del paese, e che e in questa mostra presenta opere di Giampaolo BabettoFrancesco Pavan e Alberto Zorzi, i più giovani eredi del fondatore Mario Pinton. 

Se per Babetto è l’architettura, intesa sia come rigore progettuale che particolare costruttivo, a costituire ancor oggi la maggior fonte d’ispirazione per i propri gioielli, mentre Pavan si rifà alle istanze cinetiche che seguono norme logiche e matematiche; per l’altro interprete della scuola padovana, Zorzi, è la pietra ad essere protagonista nell’invenzione ornamentale. I suoi gioielli sono densi di plasticalismo volumetrico: non geometrie statiche, ma «pietre dai colori accesi che si incastrano e spezzano la materia aurea leggera e vibrante».


INFORMAZIONI:

Il gioiello italiano del XX secolo

Museo Poldi Pezzoli, Milano

fino al 20 Marzo.


[1] G. Segato, La misura seducente, in Mario Pinton. L’oreficeria, catalogo della mostra, Padova, Piano Nobile dello stabilimento Pedrocchi, 11 marzo-30 aprile 1995, Padova, Opificio dell’immagine, 1995.

 

Federica Musto

Amo l’arte in ogni sua forma, amo la bellezza e la curiosità che mi porta a scoprire sempre cose nuove.

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