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Le due anime viennesi

Le due anime viennesi

Schiele, Abbraccio, 1917

1908, Vienna. La nuova metropolitana fa tremare il tavolino in ferro battuto su cui è abbandonata una grossa fetta di Sacher al cioccolato. Freud, nel grigio di una stanza, sta probabilmente lavorando alla sua Psicoanalisi. Loos, dal canto suo, è in procinto di definire i dettami della nuova architettura moderna. Sono trascorsi dieci anni dall’assassinio dell’imperatrice Elisabetta. Ne mancano solo sei per quel 28 giugno 1914.

1908, Vienna. La borghesia cittadina sembra quasi non accorgersi dell’arrivo di quel treno tonante chiamato Modernità. Illusione. La verità è che il cambiamento è ormai avviato, e non saranno certo l’intestardirsi della società, i palazzi storicisti e le belle maniere, a poterlo arrestare.

1908, Vienna. Secessione è sinonimo di rivoluzione, nell’arte. E i giovani artisti della Secessione viennese inaugurano il risultato della loro rivolta. Una piccola folla si accalca davanti alle porte della più grande mostra delle arti austriache mai realizzata nella capitale asburgica. Kunstschau. Che cosa celebrano? Il nuovo linguaggio dell’arte. Linee organiche e geometriche che si fondono in uno stile unico, inconfondibile. Il motivo decorativo che soppianta la volontà di rappresentazione; il quadrato che diviene emblema di un razionalismo in continua ricerca di equilibrio. Un occhio al passato: Seurat, Van Gogh, le stampe giapponesi. L’altro lanciato verso il futuro. Emancipazione.

A fare gli onori di casa, sull’ingresso della Kunstschau, c’è Klimt in persona. “Nessun settore è tanto esiguo e insignificante da non offrire spazio alle aspirazioni artistiche”[1]. Ed è vero. Pittura, mobili, ceramica. Ma ancora gioielli, architettura, ventagli. Nel 1903 c’era stata la creazione della Weiner Werkstatte, un insieme di laboratori attrezzati che avevano finalmente esaudito il sogno di “un’arte totale”. Artista e artigiano collaborano nella creazione. Il compimento del kunstwollen riegliano, la volontà d’arte che permea ogni cosa. “Soltanto come fenomeno estetico l’esserci del mondo è giustificato”[2]. Siamo all’apoteosi del modernismo.

Klimt, Il bacio, 1907-08

Ma è, di nuovo, solo una dorata illusione.

Perché all’eleganza apollinea de Il Bacio[3], si sovrappone ben presto il dionisiaco espressionismo del giovane Schiele.

Nessuna rottura. Piuttosto due facce della stessa medaglia, un’evoluzione senza soluzione di continuità.

1908, Vienna. La cultura sulla soglia della prima guerra mondiale. Hermann Bahr non da spazio a fraintendimenti di sorta: “Anche l’arte urla nelle tenebre”[4]

Federica Musto


[1] Klimt, nel discorso inaugurale per la mostra delle arti austriache Kunstschau, 1908

[2] F. Nietzsche, La Nascita della tragedia.

[3] Gostav Klimt, Il Bacio (1907-1908), Vienna, Osterreichische Galerie

[4] Hermann Bahr, Expressioismus, 1916


INFORMAZIONI

Unteres Belvedere, Vienna

Dekadenz – Positionen des Osterreichishen Symbolismus

Fino al 13 ottobre

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